Pinacoteca

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Nel grande salone, aperto verso le mura urbane, sono esposte in ordine cronologico le tavole giunte dalle chiese del territorio di Certaldo, in particolare da Santa Maria a Bagnano, una frazione nei pressi dell’area del castello di Semifonte, dove in origine erano i fondi oro più antichi qui esposti. Tavole che esprimono come la Valdelsa sia stata un punto di incontro delle varie anime della committenza, talora orientata verso il linguaggio narrativo della pittura fiorentina altre volte attratta dal cromatismo caldo e profondo della cultura lucchese e pisana, evidente nelle due preziose Madonne duecentesche una assegnata con riserva al Maestro del Bigallo e l’altra di Meliore di Jacopo. Preziosi sono i polittici trecenteschi attribuiti uno a Ugolino di Nerio e l’altro al giottesco Puccio di Simone, quest’ultimo databile intorno al 1357, data del rientro dell’artista a Firenze da un breve e proficuo soggiorno a Fabriano. Infine, di rilevante importanza sono i due affreschi staccati nel 1963 dalla Chiesa di San Martino a Maiano, eseguiti intorno al 1405-1410 da quel loquace divulgatore che fu Cenni di Francesco su commissione di Benedetto di Baldo “per rimedio dell’anima sua”, come recita l’iscrizione (sicuramente rimaneggiata) riportata sul pannello che ritrae i santi Martino di Tours e Caterina d’Alessandria. Nell’altro pannello invece troviamo la Madonna con il Bambino, entro una nicchia definita spazialmente dalle esili colonnine tortili in primo piano.

Ad integrare la raccolta di tavole antiche, sono due dipinti di epoca più tarda. La Madonna col Bambino e santi con il committente Bartolomeo Dainelli, datata 1525, già attribuita al bresciano trapiantato a Siena Raffaello Piccinelli, ora ricondotta alla mano di Ridolfo del Ghirlandaio per stile, costruzione della composizione e per particolari della raffigurazione prossimi ad altre tavole dello stesso artista. Più interessante è la Circoncisione, dagli evidenti richiami nordici nelle figure della Madonna e san Giuseppe e per la cromia accesa delle vesti, di mano probabilmente di un collaboratore di Bernardino Poccetti, artista molto noto nel territorio di Certaldo: a lui si debbono la tela raffigurante la SS. Concezione con santa Lucia ed altri quattro Santi nella Compagnia dell’Annunciazione della Chiesa di santa Maria a Marcialla e la grande tavola con l’Apparizione di San Michele al Vescovo di Siponto nell'oratorio di San Michele arcangelo a Semifonte: l'oratorio, eretto da Santi di Tito fra il 1594 e il 1597, fu comssionato dal nobile Neri Capponi che diede così compimento alla volontà testamentaria dello zio Giovanni Battista, proprietario di Villa di Petrognano, nonché canonico della Cattedrale di Santa Maria del Fiore. Sempre a Neri è da ricondurre la commissione della Circoncisione di Certaldo, databile agli anni ‘90 del Cinquecento.





Maestro del Bigallo (notizie 1225 - 1255)

Madonna in trono con il Bambino e due santi, tempera su tavola, cm. 1240-1245 ca.

Tempera su tavola

129 x 67,5 cm.

Provenienza: Chiesa di santa Maria a Bagnano



La tavola rettangolare presenta la Vergine coronata con l’aureola a rilievo raggiato seduta su di un trono ligneo, con in grembo il Bambino tunicato e con dei sandalini allacciati in cuoio, in posizione frontale secondo la tipologia bizantina della Nicopeia, in greco apportatrice di vittoria, iconografia che allude alla futura risurrezione del Salvatore del mondo.

Ai lati del trono sono disposti due santi, raffigurati di dimensioni più piccole in modo da dare maggiore rilievo al gruppo della Madonna col Bambino, di difficile identificazione perché gli attributi iconografici sono troppo generici: quello a sinistra è abbigliato con una tunica rossa e un libro nella mano sinistra, mentre quello a destra indossa una veste azzurra ricoperta da un manto rosso, con berretta in testa e in mano tiene un libro.

Grazie al restauro del 2001 è stata recuperata larga parte della figurazione, rimanendo purtroppo illeggibile la parte inferiore della tavola per le vaste cadute di colore causate dalle pessime condizioni conservative subite in passato e per le ripetute ridipinture eseguite tra fine Settecento e inizio Ottocento.

La tavola è pervenuta al Museo dalla Chiesa di santa Maria a Bagnano, ma non è escluso che essa sia stata eseguita per la Chiesa di Santo Stefano a Bagnano, soppressa già nel 1599.

Si deve a Richard Offner (1933) l’attribuzione di questa tavola al Maestro del Bigallo, così chiamato dal Crocifisso conservato presso il Museo del Bigallo a Firenze, uno dei protagonisti più interessanti del panorama artistico fiorentino della prima metà del Duecento per il suo linguaggio caratterizzato dai colori luminosi e vivaci, assai vicino per costruzione compositiva ed innovazione stilistica al Maestro di Rovezzano, autore della bella Madonna custodita nella Chiesa di sant’Andrea a Rovezzano Firenze, e al Maestro di Greve, in particolare alla Madonna di Casale (Firenze, Gallerie degli Uffizi), entrambe opere eseguite nel primo quarto del Duecento. Su questi due artisti quindi si dovette formare il Maestro del Bigallo il quale, in epoca più tarda, si lasciò sedurre dai caratteri dolci e morbidi e dalla iconicità spirituale della pittura senese, come si evince dalla forte influenza che ebbe la Madonna dagli occhi grossi del Maestro di Tressa (Siena, Museo dell’Opera del Duomo) sulla tavola di Certaldo.



Meliore di Jacopo (notizie 1260-1280)

Madonna in trono con Bambino e due angeli

1270 – 1275

tempera su tavola, 118 x 58 cm.

Provenienza: Chiesa di santa Maria a Bagnano



La tavola di Meliore di Jacopo presenta la Madonna, seduta su di un trono dall’alto schienale ricoperto da un tessuto ricamato a motivi geometrici nei toni smaltati blu e rosso, con in capo la corona intagliata e decorata con tre cerchi in rilievo ed abbigliata con il manto di colore blu-verde, panneggio minuziosamente segnato da raffinati grafismi e lumeggiature. Ai piedi, poggianti su di un raffinato cuscino rivestito da un tessuto ricamato in tono con quello del trono, la Madonna calza delle originalissime scarpe con disegni a motivo floreale. In grembo ha il Bambino benedicente con in mano un rotolo di pergamena, ovvero il chirografo del peccato su cui è trascritto il martirio che egli dovrà subire per riscattare l'umanità dal peccato originale. La sacra immagine è introdotta da due angeli affrontati, anch’essi abbigliati all’orientale, fluttuanti nello spazio spirituale del fondo oro.

In passato la forma della tavola dovette subire dei rimaneggiamenti e nel Settecento fu dotata di una nuova cornice, mantenuta nel restauro documentato nel 1935 e rimossa in quello del 1972, lasciando a vista parte della superstite cimasa dove sono ancora evidenti tracce della pittura originale.

Esposta alla Mostra del Tesoro di Firenze sacra come opera di Scuola Fiorentina del XIII sec., la tavola poi è stata attribuita da E. B. Garrisono (1956) al Maestro di Bagnano, già identificato come Meliore di Jacopo dal Longhi (1948), artista documentato come "Migliore dipintore" tra i cittadini di Firenze che presero parte alla battaglia di Montaperti del 1260, campo in cui conobbe Coppo di Marcovaldo con il quale collaborò nella realizzazione del Giudizio universale della cupola del Battistero di Firenze, mosaico eseguito tra il 1260 e il 1275 circa. Grazie al raffronto con il dossale con Cristo benedicente tra la Vergine, Giovanni Evangelista, Pietro e Paolo (Firenze, Gallerie degli Uffizi), datato 1271 e firmato «Melior», alla mano di questo artista, pare formatosi  sugli esempi della cultura figurativa lucchese-pisana, è stato attribuito un nucleo di tavole fra cui spicca il dossale della Pieve di s. Leolino a Panzano in Chianti, già creduto del Maestro della Maddalena e a lui ricondotto dalla critica più recente (Tartuferi, 1986; Proto Pisani, 2001).



Ugolino di Nerio? (notizie 1317 - 1327)

Madonna col Bambino tra i santi Pietro e Romolo

1310-1315 ca.

tempera su tavola, 115 x 155 cm; predella 39 x 155

Provenienza: Chiesa di santa Maria a Bagnano



Il trittico raffigura nello scomparto centrale la Madonna in atto di volgere lo sguardo verso il Bambino che, a sua volta, sancisce il legame indissolubile alla madre aggrappandosi alla sua mano e al lembo del suo velo. Negli scomparti laterali sono i santi Pietro a sinistra e Romolo a destra, mentre nelle cuspidi sono raffigurati al centro Cristo benedicente fra san Francesco e santa Lucia.

A corredo del polittico è una predella, presumibilmente eseguita in anni più tardi, molto lacunosa e priva di raffigurazioni, come ha confermato il restauro eseguito nel 1995, durante il quale sono state rimosse le ridipinture aggiunte alla fine del Settecento. Originale è la carpenteria, ancora integra e con la sua eccellente decorazione graffita a mano libera.

L’opera proviene dalla Chiesa di santa Maria a Bagnano, dov’era collocata sull’altare maggiore sin dal 1655, ma la raffigurazione di san Romolo, vescovo di Fiesole, lascia aperta l’ipotesi di una sua provenienza da una chiesa della diocesi di Fiesole confinante con la Valdelsa.

Sin dalla Mostra del Tesoro di Firenze 1933, dove fu per la prima volta reso noto, il trittico fu accostato a Ugolino di Nerio, pittore senese allievo di Duccio di Buoninsegna, intimamente influenzato dalla spiritualità e dalla eleganza di Simone Martini, nonché principale diffusore della cultura figurativa senese a Firenze attraverso commissioni prestigiose e sue tavole sono presenti sul territorio confinante con Certaldo, fra cui la Santa Verdiana del Museo dedicato alla romita a Castelfiorentino.

Nel tempo sono stati avanzati dubbi sull’autografia di questa a tavola per via della debolezza esecutiva di alcuni particolari, come l’assenza quasi totale di punzonature sui nimbi e la poca dimestichezza con il disegno anatomico, elementi presi in considerazione da Federico Zeri (1963) che ha condotto l’opera entro il corpus del Maestro di Monteoliveto, autore di una piccola tavola conservata nel monastero di Monte Oliveto Maggiore in Val d’Orcia.

Di tutt’altro avviso sono autorevoli studiosi (C. Volpe, 1963) più inclini a ritenere che si tratti di un lavoro tardo di Ugolino, databile al 1315-1320, per il nuovo senso dello spazio e per il saldo volume delle figure, in particolare del gruppo della Madonna con Bambino trascrizione letterale di quello del Polittico di Badia di Giotto.



Puccio di Simone (notizie 1346 -1362 ca.)

Madonna col Bambino tra le sante Lucia e Caterina d’Alessandria e i santi Antonio abate, Nicola, Giovanni Battista e Francesco

1357 ca.

tempera su tavola, 144 x 191 cm.

Provenienza: Chiesa di san Pietro a Petrognano

Chiesa di san Giovanni Battista in Jerusalem a san Donnino



Il pentittico raffigura nello scomparto centrale la Madonna col Bambino accompagnati dalle sante Lucia con la lanterna accesa e Caterina d’Alessandria con la ruota dentata, attributo che rimanda al suo martirio. La Vergine, seduta frontalmente su di un trono ricoperto da un drappo rosso carminio arabescato, è colta mentre guarda amorevolmente il Figlio, indicandolo con l'indice della mano destra. Il Bambino stringe nella mano sinistra un cardellino, allusivo al suo prossimo martirio, mentre con la destra trattiene appena la veste della Vergine, a segnare il loro rapporto affettivo. Negli scomparti laterali sono raffigurati i santi Antonio abate con il cinghialino e il tau, molto venerato dai pellegrini afflitti da piaghe per il lungo cammino, Nicola da Bari, Giovanni Battista vestito da pelli di cammello a sancire il rapporto politico del territorio di Certaldo con Firenze e, infine, Francesco con il saio marrone. Nelle cuspidi sono raffigurati al centro Cristo benedicente, affiancato da quattro Profeti. Lungo la parte inferiore della cornice si conservano frammenti di un'iscrizione ormai quasi del tutto perduta, della quale restano leggibili al centro i numeri romani "MCCC", 1357 secondo il Carrocci, data che effettivamente coincide con quella riportata nell’altare ove si trovava il pentittico, in cui si notano tracce dello stemma dei Belforti di Petrognano.

Si deve a Richard Offner (1947) l’attribuzione dell’opera al cosiddetto Maestro dell’Altare di Fabriano, identificato poi da Roberto Longhi con Puccio di Simone, allievo prima e collaboratore dopo di Bernardo Daddi, elegante divulgatore della cultura fiorentina post giottesca. A marcare la distanza stilistica con il maestro, fu il soggiorno di Puccio a Fabriano accanto ad Allegretto Nuzi, insieme al quale maturò un linguaggio più marcatamente gotico che si esprime nelle sue opere fiorentine eseguite immediatamente dopo il suo rientro a Firenze entro il 1357, data che coincide con l’esecuzione del polittico di Petrognano dove gotiche sono le figure lunghe e sottili, quasi sospese nello spazio, in particolare la figura di sant’Antonio emula quella del trittico della National Gallery di Washington dell’amico fabrianese.

Sin dall’inizio del Novecento gli studiosi denunciavano il cattivo stato di conservazione del polittico a causa delle pessime condizioni conservative e delle frequenti ridipinture e puliture subite in passato, con l’impiego di sostanze talmente aggressive che hanno impoverito molto la superficie pittorica, tuttora molto rovinata nonostante i restauri effettuati nel 1998 e nel 2000.