La cella della beata Giulia

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In assenza di notizie documentate, nel tempo la vita della Beata Giulia è stata disegnata traendo spunto dalle memorie popolari che la indicano come figlia di messere Pace Della Rena, famiglia originaria di Semifonte, emigrata a Certaldo a seguito della distruzione nel 1202 della città ribelle, dove Giulia nacque nel 1319.

Trasferitasi ancora fanciulla nel quartiere di Santo Spirito a Firenze, Giulia entrò a servizio presso la famiglia Tinolfi, strinse un forte legame spirituale con il convento di Santo Spirito entrando nel 1337 a far parte delle Terziarie Agostiniane, dette Mantellate, come attesta la sua immagine più antica dipinta sul perduto dossale commissionato per l’altare a lei dedicato nel 1372, pochi anni dopo la sua morte .

Rientrata a Certaldo Giulia compie il suo primo miracolo salvando un bambino dalla sua casa in fiamme; subito dopo, sull’esempio delle donne romite della Valdelsa (come Verdiana da Castelfiorentino e Fina da San Gimignano) Giulia si allontanò dalla vita terrena per ritirarsi in una cella adiacente la sagrestia della chiesa dei Santi Iacopo e Filippo: qui furono aperte due piccole finestre, una con affaccio sulla chiesa per assistere alle sacre funzioni e l’altra, secondo la tradizione popolare, utile per ricevere cibo, ricompensato dalla romita con fiori freschi.

Murata in questa cella Giulia visse in solitudine e preghiere per trent’anni e, alla sua morte avvenuta il 9 gennaio 1367, sarebbe stata seppellita nella chiesa certaldese avvolta nel suo abito di Terziaria agostiniana.

Il culto della romita fu immediato e alla sua promozione, probabilmente, non dovettero essere estranei Giovanni Boccaccio e Agnolo di Pierozzo Giandonati, allora priore della chiesa dei Santi Iacopo e Filippo. Nel 1372, pochi anni dopo la morte di Giulia, venne qui eretto un altare dove fu collocata la salma; questo era ornato da un dossale con al centro l'immagine della beata affiancata dalle storie del transito e delle esequie che ne codificarono iconografia e agiografia. La devozione per Giulia fu portata avanti per secoli dagli agostiniani del convento di Certaldo i quali, fin dal loro insediamento (1410 ca.) divennero i fedeli custodi del corpo della terziaria nonché promotori - intorno al 1438 - dell’istituzione della festa in onore di Giulia; nel 1674, per agevolare la più ampia partecipazione della popolazione del contado, la festa venne traslata dal 9 gennaio alla prima domenica di settembre. Al 1672 risale il compito, affidato all'agostiniano Andrea Arrighi, di codificare il culto della beata Giulia: a Giulia l'Arrighi rimase sempre legato, anche dopo la partenza da Certaldo per assumere la carica di priore del convento di Santo Spirito a Firenze.

Venerata per secoli dalla poplazione locale, Giulia fu elevata beata da Pio VII il 18 giugno del 1819, un solenne evento celebrato con la prima edizione a stampa della Vita della Beata Giulia vergine da Certaldo, curata da Ignazio Malenotti, e con la diffusione di piccole stampe riproducenti l’immagine della "Certaldi decus et gloria" delle quali il museo conserva le matrici originali.

Pochi decenni dopo (1850) fu eretta, nel chiostro del convento, una nuova cappella dedicata della Beata Giulia: progettata dall’architetto senese Giuseppe Pianigiani, la cappella fu distrutta nel corso dei restauri avviati nel 1963 al fine di ripristinare le forme originarie dell'antico chiostro; dell'arredo del sacro edificio restano l’altare e le sedute (oggi in deposito), mentre alcuni oggetti liturgici, come il Reliquiario ad ostensorio con la reliquia della beata e le quattro sculture lignee dell’altare (opere attribuite al senese Antonio Rossi) sono oggi esposte in Museo.

Demolita la cappella ottocentesca venne ripristinata al culto l’antica cella: qui furono trasferiti reliquie ed ex-voto così come le ante del reliquario (realizzato alla fine del Cinquecento) che custodì i resti della beata fino al rifacimento del nuovo altare a lei dedicato nel 1633 in segno di gratitudine per la scampata peste; oltre a queste preziose memorie nella celletta è esposto l’abito in broccato ricamato con fili d’argento che vestiva un tempo i resti mortali della Beata, sostituito nel 2009 dall'abito confezionato dalle monache agostiniane del Convento di Lecceto (Siena).

Il Convento Agostiniano e le sue opere rappresentano il segno più tangibile della vicenda terrena della Beata Giulia, a cui i fedeli rivolgono le loro preghiere per la guarigione dai mali dell’anima e del corpo. Un legame secolare fra Certaldo e la sua patrona sancito nel 2019, a settecento anni dalla morte e a duecento dalla beatificazione, con la mostra "Devozione e testimonianze artistiche per beata Giulia" durante la quale sono state esposte - nei luoghi deputati alla narrazione della vita e del culto della beata - opere d’arte, arredi sacri e oggetti liturgici a lei dedicati.

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