La più antica attestazione dell'esistenza della nostra canonica è contenuta in un documento del 1170 (1171 stile moderno): si tratta di un arbitrium con il quale si andò a dirimere la causa in atto tra la Badia a Elmi (ubicata nell'attuale territorio comunale di San Gimignano) e la «canonicam sancti Angeli sitam Certaldo» per l’utilizzo di alcuni mulini sul fiume Elsa. Questo documento, come vediamo, si colloca in stretta prossimità alla prima menzione documentata di Certaldo, quella contenuta nel dipolma imperiale con il quale Federico Barbarossa (1164) confermò al conte Alberto di Prato (Alberto IV) diritti e proprietà su una cospicua serie di località fra le quali – appunto – Certaldo. L'antico edificio fu eretto nel nuovo abitato sviluppatosi fra XII e XIII secolo a Ovest del nucleo più antico del castello (quello comprendente l’attuale Palazzo Vicariale e la chiesa dei Santi Tommaso e Prospero, situato nella parte più alta del colle) nell' area prossima alle mura che i documenti più antichi individuano con il microtoponimo di «Fabbrica». A queste date il clero officiante la canonica certaldese era verosimilmente formato dagli stessi canonici secolari della più antica canonica di Sant'Andrea situata ad un miglio dal castello in direzione Nord lungo la via Francigena. Sul finire del XII secolo i canonici di San Michele dovettero acquisire quelle preogative – quali il diritto di battesimo – esercitate su questa parte del territorio dalla chiesa pievana di San Lazzaro a Lucardo rivendicando, anche nei secoli successivi, una primaziarispetto all'altra (e forse più antica) chiesa del castello: San Tommaso. Di questo importante passaggio reca conferma la stessa funzione civica svolta dal sacro edificio: era nella canonica dei Santi Michele e Iacopo che gli uomini di Certaldo si riunivano per eleggere i procuratori della Comunità (1327, 1346) ed era sempre qui che a partire dai primi decenni del Quattrocento aveva luogo la procedura di insediamento del nuovo Vicario inviato da Firenze. Fra XIII e XIV secolo le ricche prebende legate alla canonica certaldese divennero appannaggio di membri appartenti ad un antico lignaggio fiorentino, quello dei Giandonati, i quali troviamo ripetutamente insigniti della carica di priore: dobbiamo ad uno di essi – Sozzo di Prinzivalle - un successivo e importante passaggio nella storia del sacro edificio, ovvero la rinunzia della prioria di Certaldo ai frati agostiniani del convento di Santo Spirito di Firenze (1401 – 1410): questi ressero la nostra canonica (curandone l'ingente patrimonio fondiario) fino alla rimozione dell'ordine avvenuta con Sovrano Rescritto del 21 gennaio 1783; resa collativa ad un sacerdote secolare, nel 1854 la canonica dei Santi Michele e Iacopo venne infine riunita alla prepositura di San Tommaso. Sono questi gli anni in cui la chiesa subì una delle trasfromazioni più gravide di conseguenze per le memorie qui conservate: in conformità alla legge granducale che proibiva la sepoltura all'interno delle chiese (1783) venne rimossa, insieme alle altre ancora presenti, la tomba che aveva accolto le spoglie di Giovanni Boccaccio, morto nella sua Certaldo il 21 dicembre 1375.
ESTERNO
La chiesa, situata lungo l'asse principale del castello di Certaldo, è interamente realizzata in laterizio: l'aula, a pianta rettangolare, è dotata di abside circolare e di copertura a tetto. La porta di ingresso che si apre nella facciata venne realizzata solo negli anni Trenta del Seicento: fino a quell'epoca qui era infatti presente il cimitero della canonica e si accedeva all'interno della chiesa tramite due porte (ancora presenti) ubicate lungo il fianco meridionale dell'edificio che di fatto ne costitusce il prospetto principale. L'elemento di maggior interessè è costituito dalla tribuna dove, al di sopra dell'abside coronato con mattoni disposti a dente si sega, sono una feritoia a forma di croce tra due losanghe ricassate: si tratta di elementi derivati dall'architettura romanica pisana che ritroviamo in altre, importanti chiese del territorio quali il duomo di San Miniato e che rimandano ad una cronologia intorno alla metà del XII secolo. L'illumninazione interna dell'edificio è fornita da una serie monofore le cui cornici, costituite da pezzi speciali, richiamano quelle presenti in altre chiese in laterizio sia della Valdelsa che del Valdarno inferiore. Adiacente la facciata è la torre campanaria in cotto che poggia su una base a filaretti di pietra e ciottoli di fiume, gli stessi filaretti di pietra arenaria usati per il muro che delimita il perimetro del chiostro sul lato opposto della chiesa in corrispondenza delle antiche cantine: materiali e tecniche che rimandano alle fasi più antiche dell'incastellamento del colle, precedenti la costruzione della canonica, non ancora debitamente studiate e correttamente contestualizzate. Alcuni studiosi, infatti, interpretano queste murature quali resti di una delle torri fatte demolire dai fiorentini nel 1184 mentre altri pensano ai resti di un originario muro a retta del terreno circostante la chiesa o di un segmento della più antica cinta del castello.
INTERNO
L'interno della chiesa si presenta con la veste ricevuta a seguito dei restauri in stile purista eseguiti negli annni Sessanta del Novecento che privarono le pareti in cotto degli intonici allora ancora presenti. Durante questi lavori si provvide alla demolizione degli altri laterali (frutto di un precedente restauro promosso nel 1900 dall'allora Parroco Don Antonio Pieratti) e della Cappella della Beata Giulia (1850-1852).
OPERE ATTUALMENTE ESPOSTE
A seguire forniamo un elenco delle opere attualmente conservate nella chiesa canonica: l'ordine procede a partire dalla porta di ingresso con le opere esposte lungo la parete destra cui fanno seguito quelle presenti nell'area presbiteriale per concludere con le opere ubicate lungo la parete sinistra.
A destra dell'ingresso
acquasantiera in marmo datata 1572 (già fonte battesimale).
Parete destra
Nicchia a parete contenente i resti mortali della beata Giulia dove troviamo la predella in legno dipinto con storie e miracoli della beata Giulia (seconda metà del XV secolo); nella parete soprastante è il Trapasso della beata Giulia dipinto su tavola dal pittore senese Tiberio Billò (1580); segue la Madonna della neve tra San Bartolomeo e San Domenico, terracotta invetriata opera della bottega di Giovanni della Robbia (1520 ca.) proveniente dalla chiesa di Santa Maria a Casale.
Presbiterio
Qui, ai lati dell'abside, sono due cibori in terracotta invetriata rispettivamente opera della bottega di Andrea della Robbia (1502-1503, quello di destra) e Benedetto Buglioni (1499-1500, quello di sinistra). Al centro dell'abside è esposto il bel Crocifisso in legno scolpito e dipinto (1240-1250 ca.) proveniente dalla chiesa di San Pietro a Petrognano.
Pareste sinistra
Vicino alla porta di accesso al chiostro è esposta l'epigrfe in onore di Giovanni Boccaccio (1390 ca.) fatta realizzare dall'umanista fiorentino Coluccio Salutati, discepolo del grande Novelliere nonché Cancelliere della Repubblica fiorentina; segue il busto in marmo di Giovanni Boccaccio (1503) opera dello scultore fiorentino Francesco Rustici commissionato, come la sottostante epigrafe, dal Vicario Lattanzio Tedaldi. A sinistra della porta di ingresso è una nicchia, ricavata nello spessore del muro, dove troviamo l'affresco raffigurante la Madonna con il Bambino in trono fra i Santi Iacopo, Pietro e una donatrice opera del pittore senese Memmo di Filippuccio (1315 ca.), preziosa testimonanianza dell'arredo più antico della chiesa.
Al centro del pavimento, in prossimità del gradino che separa il presbiterio dall'aula dei fedeli, è il cenotafio in marmo con l'effigie di Giovanni Boccaccio eseguito dallo scultore Mario Moschi (1950 -1955 ca.): l'opera venne collocata là dove i documenti indicano fosse la sepoltura (poi distrutta) del Novelliere.
Fonti archivistiche: ASFi, Diplomatico, S. Spirito (agostiniani), 1170 marzo
Bibiliografia specifica: Certaldoalto, 1975, pp. 288-303; Ceccarelli Lemut, 1996, pp. 198-202; Frati, 1997, pp. 141-143; Proto Pisani, 2001, pp. 16-17; Merlini, 2018, pp. 51-88; Merlini, 2019, pp. 4-23; Merlini, 2020, pp. 33-62




